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INTERVISTA ALL’AUTORE GIANLUCA SERIOLI

LE INTERVISTE DEL SALOTTO

Bentornati agli appuntamenti del martedì con le interviste del Salotto. Oggi conosciamo Gianluca Serioli, autore – insieme al padre Giovanni – di Il giovane Giovanni per la casa editrice Marco Serra Tarantola Editore.

Salve, benvenuto nel mio Salotto e grazie per essere qui in nostra compagnia oggi. Raccontaci qualcosa di te.

Mi chiamo Gianluca Serioli, ho 56 anni, sposato da 32 con Donatella, due figli, Alessia di 29 anni, Manuel di 22 anni. Da quasi un anno sono orgogliosissimo nonno di Gabriele. Ho lavorato per 26 anni come dipendente amministrativo presso un’azienda di Brescia. Sono nato e vivo a Iseo, sul lago omonimo, luogo bellissimo e ispiratore. Mi piace infatti molto scrivere, particolarmente racconti, storie e leggende riguardanti personaggi veri o di fantasia legati al mio territorio, alla sua storia e alle sue tradizioni. Nel 2010 ho ideato un periodico di informazione locale che si chiama PUNTO D’INCONTRO e che si occupa particolarmente della tutela e valorizzazione dell’iseanità, un valore al quale tengo molto, specie in questi tempi in cui tutto viene appiattito dalla politica e da tantissimi altri fattori esterni. Questo magazine, partito tra molta diffidenza e al quale avevano pronosticato una fine precoce, sull’onda di precedenti esperienze messe in campo da altre persone (non più di tre numeri) è arrivato oggi al quindicesimo anno di attività e all’uscita numero 114. Dal 2011 sono inoltre organizzatore di eventi e concerti con artisti di livello nazionale e internazionale con la mia impresa individuale PIACERE ISEO e l’associazione EVENTI MACRAME’ e ho organizzato circa 80 serate. La mia occupazione principale oggi è gestire due case vacanza realizzate nella casa che mio padre mi ha lasciato, essendo da quattro anni ormai ospite presso la RSA di Iseo.

La tua più recente pubblicazione è Il giovane Giovanni per Marco Serra Tarantola Editore. Potresti presentarcela brevemente?

Si tratta di un libro urgente, significativo e inaspettato. È un romanzo che si sviluppa seguendo la vita di mio padre, scritto a quattro mani con mio padre, cosa che fino a un anno fa mai mi sarei aspettato di fare. Tra noi due infatti non c’è mai stato un grande rapporto empatico, cosa che ho sofferto molto, e questo libro è servito per spiegare tante cose, per darci delle risposte e per ritrovarci attraverso parole mai dette che però sono state scritte, e rimarranno indelebili. Penso che, nel bene o nel male, ognuno di noi abbia una vita da raccontare e questa dovrebbe essere messa sulle pagine di un libro, da tramandare ai figli e ai nipoti, di generazione in generazione. Si comprenderebbero, negli anni e nei secoli, il mutare delle stagioni, delle tradizioni, dei modi di vivere, del sociale, della solidarietà e del senso di appartenenza a un paese, alla famiglia e a tutto ciò che è vita. Questo libro non è un bilancio di vita, ma semplicemente una straordinaria avventura che ogni giorno scorre davanti agli occhi di una persona anziana che sa di essere ormai prossima al capolinea e che, non avendo più alcun compagno di viaggio di quel tempo al quale raccontarla (sono tutti passati a miglior vita), il “giovane Giovanni” ha voluto prendere dal proprio cuore e dalla propria mente e metterla per iscritto. Ne è venuta fuori una trilogia: L’infanzia e l’adolescenza, la maturità, e gli anni d’argento (la stanza e la vetrata).

Come e perché nasce quest’opera? Qual è il suo significato?

Nasce dall’esigenza di mio padre di raccontare la sua vita e lasciare traccia del suo percorso a me, ai miei figli e a tutti coloro che leggeranno il libro. Mio padre e mia madre hanno condiviso una vita intensa. Sempre insieme, in ogni momento, si sono sostenuti a vicenda nella loro condizione di invalidità: lui con l’incidente accaduto a 4 anni che gli ha causato una disabilità permanente e a seguire la poliomielite, lei operata per tre volte di tumore, la prima volta quando io avevo solo 4 anni (un età che si ripete di padre in figlio e che assume molti significati nella trilogia), la seconda quando ero adolescente e la terza quando avevo ventidue anni e stavo per sposarmi. Si sono sostenuti fino alla fine, tanto che quando mia madre è entrata ospite del ricovero Cacciamatta, debilitata dalla demenza e dall’Alzheimer, mio padre ha voluto anch’esso seguirla approfittando del fatto che nel settembre 2020 il ricovero, dove solitamente le liste di attesa erano lunghissime, in quel periodo aveva ampia disponibilità a causa della decimazione causata dal Covid. Mia madre è morta nel gennaio 2021, e da quel momento mio padre è rimasto solo, ha perso l’unico riferimento che gli era rimasto di una vita vissuta. Gli erano rimaste a dire il vero la sorella e la cognata, entrambe ricoverate nell’RSA ma in pochi mesi se ne sono andate anch’esse. Un giorno, durante una delle visite settimanali che facevo, passate quasi sempre in silenzio guardando fuori dalla vetrata, lui mi ha detto: “sai, io sento che devo raccontare la mia vita, tutto quello che mi è accaduto, ma non ho più nessuno cui raccontarla”.  Io, ben conscio del fatto che la mia presenza non gli sarebbe stata di conforto, considerando il rapporto che abbiamo sempre avuto, me ne sono stato zitto e impotente. Poi lui nuovamente mi ha chiesto: “Sai, io sto scrivendo alcuni miei ricordi. Ti andrebbe di farne un libro? Tu sei bravo a scrivere”. E’ stato l’unico complimento che mi ha fatto in tanti anni. Per me è stato come un portone che si apriva e mi ci sono buttato dentro con tutto me stesso. Ogni mercoledì io andavo all’appuntamento settimanale, lui mi dava gli scritti, inizialmente su pagine sciolte, poi su quaderni che io gli portavo ogni volta che ne finiva uno. Io a casa mi mettevo al lavoro, ordinando i pensieri, ricostruendo il periodo, e romanzando il tutto. Il risultato? Lui ha completato 10 quadernoni in stampatello, scritti per ore ogni giorno, tanto da suscitare la curiosità delle infermiere. I primi tre quaderni sono diventati un romanzo di quasi 400 pagine, che abbiamo chiamato IL GIOVANE GIOVANNI: INFANZIA E ADOLESCENZA, il libro di cui stiamo parlando. Un libro dal significato molto intenso, che comprende tre valori fondamentali di una vita: la straordinaria solidarietà di quei tempi, di un periodo che va dal 1940 ai primi anni sessanta, dove si viveva nella miseria ma si stava tutti uniti. Il dolore di una famiglia per un incidente, una morte tragica come quella del papà di Giovanni era quello di tutti, così come la gioia di un evento positivo, una nascita, una guarigione, o la fine di una lunga degenza in ospedale, come nel caso del giovane Giovanni, diventava la gioia di tutti. La cosa stupefacente a mio parere è stato riscontrare la lucidità dell’esposizione di mio padre, un uomo di quasi novant’anni. Oltre alla scrittura in stampatello perfetta, sono stati i discorsi, le battute, i dialoghi chiari e lucidi che mio padre si ricordava ancora perfettamente e ha messo per iscritto a sorprendere. Ho voluto in gran parte tenere questi dialoghi nella loro originalità, proprio per evidenziare la semplicità e la genuinità dei pensieri di quei tempi. Gli altri due valori che emergono fortissimi sono il senso della famiglia e la resilienza.

Cosa rappresenta il titolo Il giovane Giovanni?

Quando mio padre, a causa dell’incidente avuto, è stato ricoverato all’età di 4 anni all’ospedale di Venezia, lontanissimo da casa, rimanendovi in degenza per 4 lunghi anni, peraltro in un periodo in cui era scoppiata la seconda guerra mondiale, per la famiglia era stato come abbandonare un figlio al proprio destino. Mio nonno, il padre di Giovanni, è morto prematuramente e tragicamente a 39 anni, a causa di un incornata mortale di una mucca, durante il suo lavoro di mezzadro insieme ai due fratelli. Mia nonna è stata cacciata via da casa da uno dei due fratelli, considerata inutile alla causa lavorativa in quanto donna. Senza marito, con tre figlie di cui una rimasta incinta a 16 anni, un altro figlio deluso e affranto da un tradimento quasi in punto di salire all’altare, e il piccolo e giovane Giovanni in ospedale, quelli sono stati i momenti più brutti, ma anche quelli in cui è uscita la commovente solidarietà di tanta gente. Ogni volta che si parlava di Giovanni ricoverato a Venezia, ogni volta che i medici del paese si rivolgevano al nosocomio lagunare per avere notizie sulla degenza e sul decorso dell’infortunio, e si doveva parlare con dottoroni e luminari, ci si rivolgeva sempre chiedendo del “Giovane Giovanni”. Così come il Marchese Fassati, il signor Nespola, titolare della ditta Larocchi, e lo zio Attilio, in modi diversi artefici del futuro di Giovanni, ogni volta che parlavano di lui lo facevano parlando del “giovane Giovanni”.  Il titolo quindi rappresenta il percorso di mio padre, dall’età di 4 anni fino all’adolescenza e all’approccio al mestiere di odontotecnico che poi gli porterà grandi successi e gli permetterà di raggiungere una certa agiatezza. Un percorso fatto di disabilità e virtù, emarginazione e solidarietà, miseria e agiatezza, cuori buoni e cuori cattivi, spirito di rivalsa e spirito di sacrificio, senza mai cadere nel vittimismo, ma con una forza e una fiducia incondizionata nel futuro e una specie di mantra che si manifesta in ognuno dei tre libri che dice “se lavorerai di buona voglia, il frutto arriverà dopo la foglia”. Un percorso che conoscerà oltre 50 personaggi… in cerca di autore.

Progetti futuri?

Come dicevo prima, IL GIOVANE GIOVANNI è stato tra le varie cose un libro inaspettato. Mi piace molto scrivere ma sono allo stesso tempo abbastanza pigro. Mi ritengo un grande osservatore delle cose semplici ed apparentemente insignificanti. Una specie di Marcovaldo. Certe volte mi diverto a scrivere racconti partendo da un momento, uno sguardo, un rumore. Una volta ho scritto un racconto partendo da un cartello stradale… IL MONDO CHE PASSA l’ho chiamato. IL GIOVANE GIOVANNI per come è nato mi ha convinto a lasciare in sospeso tutti i progetti che avevo, ed ho tutt’ora, per poterlo terminare e farlo leggere a mio padre, che oggi ha quasi 90 anni e la candela della sua vita si sta spegnendo. Per questo motivo ho detto che è stato un libro urgente. Ho però da tempo nel cassetto tre romanzi che conto di ultimare una volta finita la trilogia dedicata a mio padre. Il primo si intitola L’ALIENO, L’EQUILIBRISTA E IL VOLATORE, dedicato a un amico venuto recentemente a mancare e che ha condotto appunto una vita da emarginato, che ha racchiuso in una sessantina di agende colme di poesie. Il secondo, SCORRIMENTO VERTICALE, riguarda il periodo del Covid ad Iseo. Il terzo invece non è un romanzo ma una raccolta di tutti i racconti più belli che fino ad oggi ho scritto per il mio magazine. Si intitola LO SCEMO DEL VILLAGGIO: RACCONTI E PENSIERI DI UN LIBRO APERTO.

Grazie a Gianluca Serioli per essere stato in nostra compagnia oggi. Vi ricordo che Il giovane Giovanni è disponibile sul catalogo della casa editrice e su tutti i maggiori store online.

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