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INTERVISTA ALL’AUTORE ANGELO GUALTIERI

LE INTERVISTE DEL SALOTTO

Bentornati agli appuntamenti del martedì con le interviste del Salotto Letterario. Oggi conosciamo Angelo Gualtieri, autore di Il polemista per PAV Edizioni.

Salve Angelo, benvenuto nel mio Salotto e grazie per essere qui in nostra compagnia oggi. Ci racconti qualcosa di lei.

Cominciamo dalle presentazioni. Mi chiamo Angelo Gualtieri, ho 75 anni, sono in pensione e abito a Sassuolo, in provincia di Modena, ma sono originario di Piandelagotti, un piccolo paese dell’Appennino modenese. Sono coniugato, ho due figli, una splendida nipotina e sono laureato in Economia e Commercio. Nelle vite precedenti, diciamo così, sono stato dirigente di azienda poi, dal 1988 sino al 2014, ho esercitato la professione di dottore commercialista, sempre a Sassuolo.  Prima dell’ultimo libro, ne avevo scritti e pubblicato altri tre: il primo – quello che avuto maggiore successo –  racconta la storia contemporanea del mio paese e della montagna modenese; gli altri due riguardano la Juve, più precisamente, uno sulle sue disavventure nella Coppa dei Campioni, ora Champions League, l’altro su Calciopoli e sul ruolo dei media in questa stupida vicenda, ancora non indagata a fondo.

A giugno 2022 è uscito, per PAV Edizioni, il suo volume Il polemista. Potrebbe presentarcelo brevemente?

L’ultimo libro – Il polemista – è una specie di diario dove racconto molte vicende, alcune anche marginali, accadute nel Belpaese negli ultimi quattro anni, da fine 2017 a primavera 2022. Con lucidità, ironia e, a volte, anche con ferocia, tento di dimostrare come i media – televisioni e giornali – ci abbiano spesso propinato un’informazione distorta e tagliata con l’accetta. In questa analisi ce n’è per tutti, soprattutto per i mostri dei talk.

A distanza di circa otto mesi dall’uscita del libro, se fosse possibile, vorrebbe togliere o aggiungere qualcosa?

Toglierei il capitolo “L’icona”, dove si racconta di Caterina Caselli. L’ex “casco d’oro” mai è stata nelle mie corde e, soprattutto, non mi è piaciuto come è stata rappresentata dal direttore de “Il Resto del Carlino”. Il capitolo si chiude con una battuta ironica che può far sorridere e che, in qualche modo, riguarda il di lei consorte: il noto industriale discografico Piero Sugar.  Purtroppo, costui è passato a miglior vita e io ne sono venuto a conoscenza solo dopo che il libro era stato pubblicato, quindi non sarei potuto intervenire. Se potessi, oggi, quel racconto non lo scriverei oppure lo modificherei: qualsiasi forma di ironia, infatti, anche la più gradevole, fa a pugni con la morte. Con gli attuali chiari di luna, da aggiungere ci sarebbe tantissimo ma, considerata la quantità industriale di personaggi verso i quali lanciare le mie invettive, la scelta mi metterebbe in imbarazzo. Quindi la evito.

Molti capitoli di Il polemista sono dedicati a Mani Pulite o, se si preferisce, a Tangentopoli. Come mai questa scelta?

Nel mio lavoro dedico molto spazio – forse, troppo – a Mani Pulite o, se si preferisce, a Tangentopoli: una vicenda oscura che ha rappresentato un vulnus nel sistema politico e istituzionale del nostro Paese e una ferita non ancora cicatrizzata. Alla domanda potrei rispondere in tanti modi, per esempio, che sul piano politico ha generato quattro mostri: la Lega, Berlusconi e Beppe Grillo a cui hanno fatto seguito i Cinque Stelle. Naturalmente, si tratta di un’opinione del tutto personale, che molti non condivideranno. Siccome l’argomento è molto scivoloso, rispondo con queste parole di Francesco Borrelli, il procuratore capo della procura della Repubblica di Milano ai tempi del ben noto pool: “Se fossi un uomo pubblico di qualche Paese asiatico, dove, come in Giappone, è costume chiedere scusa per i propri sbagli, chiederei scusa. Scusa per il disastro seguito a Mani Pulite. Non valeva la pena di buttare all’aria il mondo precedente per cascare poi in quello attuale”. Francesco Saverio Borrelli, scomparso quattro anni fa, per chi non lo sapesse, era un uomo di elevata cultura e dai modi raffinati: niente in comune con qualcuno di quel pool che inciampava sistematicamente nei congiuntivi e i nei condizionali e i cui modi, invece, erano tutt’altro che eleganti, ma piuttosto squadre, come direbbero in Inghilterra.

Tra le varie categorie di persone contro le quali sono destinate le sue invettive ci sono i virologi. Come mai?

I virologi da talk, quelli che abbiamo dovuto sorbirci per due anni e che impazzavano nelle varie reti televisive, erano diventati insopportabili. Poco tempo prima che esplodesse la pandemia, tutti, nessuno escluso, avevano sottovalutato gli effetti del coronavirus e lo consideravano alla stregua di un’influenza, magari un po’ più forte delle altre.  Lorsignori e lorsignore hanno blaterato quasi sempre a vuoto e, di fatto, si sono limitati a raccomandare comportamenti che anche l’ultimo dei pastori del Supramonte già conosceva.  Ilaria Capua, forse per acquisire maggiore notorietà, è andata oltre terrorizzando i nonni che, secondo lei, non avrebbero più potuto abbracciare i loro nipotini.  La scienza, però, è tutt’altra cosa. Come ha scritto Ernesto Galli Della Loggia” la scienza non è onnisciente. E ci è capitata una cosa che la scienza non conosce. Solo i grandi scienziati, di fronte a cose che non sanno, ammettono: non lo so”. I virologi destinatari delle mie invettive, nulla avevano in comune con gli scienziati, grandi o piccoli che fossero. Purtroppo, grazie alle apparizioni in tv, sono diventati/e stare hanno goduto e godono di una fama usurpata.

C’è una qualche ragione per cui attribuisce molte colpe alle televisioni per la diffusione del cosiddetto fenomeno “no vax”?

Nei confronti dei no wax, senza dubbio alcuno, lo Stato ha usato il guanto di velluto mentre, invece, avrebbe dovuto usare il pugno di ferro. Questi squisiti individui, infatti, rappresentavano un grave pericolo per tutte le persone che, inconsapevolmente, li avvicinavano. Qualche anima candida ha assunto le loro difese con l’obiezione che siamo in democrazia, dimenticando che lo spazio di libertà di ognuno finisce quando inizia quello degli altri. Nei loro confronti le televisioni si sono comportate in modo deleterio. Spesso, infatti, hanno concesso loro troppo spazio, troppe ospitate, senza contrastarli a dovere. Così facendo, questi individui hanno potuto lanciare messaggi ad alto indice di pericolosità che, magari alzavano l’audience. Per metterla sul piano giuridico, a carico di questi figuri e di chi gli lisciava il pelo avrebbe anche potuto configurarsi il cosiddetto reato di pericolo, previsto dal codice penale. Nessun magistrato, però, si è preso la briga di inviare un avviso di garanzia a un capataz di una qualche emittente televisiva. Come mai? Tornando alle televisioni, ribadisco che senza le ripetute ospitate nei loro talk, il ruolo dei no wax, sicuramente, sarebbe stato ridimensionato. A distinguersi in questo esercizio è stata soprattutto Myrta Merlino nel programma L’aria che tira. Sarò anche prevenuto ma, troppo spesso, il dialogo con i no wax invitati nella sua trasmissione era surreale, quasi a voler blandire gli esponenti di questa galassia. Per ironia della sorte, in una specie di nemesi, tempo fa la conturbante conduttrice, in diretta televisiva è stata bersagliata di contumelie da qualche no wax più facinoroso degli altri. Una donna l’ha persino minacciata di prenderla per il collo. La Merlino è rimasta impassibile e ha risposto: “Noi resteremo qui a fare il nostro mestiere”. Se fossi stato presente, di rimando, le avrei replicato con una semplice parola: “Purtroppo!”

Giuseppe e Antonio Conte: due nomi che compaiono spesso nel suo lavoro. Quale dei due getterebbe dalla classica torre?

Queste due figure, Antonio e Giuseppe Conte, in effetti, compaiono più volte nel mio lavoro. Non avrei dubbi su chi buttare dalla classica torre: Giuseppi come lo chiamava il suo “amico Donald Trump. E pensare che nel suo secondo governo, quello con i DS, si era rivelato un premier all’altezza della situazione perché aveva gestito bene e con dignità il periodo della pandemia, forse il più tragico della nostra storia repubblicana. Inoltre, contrariamente alle previsioni, era riuscito nella difficile impresa di assicurare al Paese una vagonata di Euro – il riferimento è al Recovery Fund – da utilizzare per la sua difficile ripresa. Poi, forse perché esortato da Marco Travaglio, si è rivelato un campione di trasformismo e ha fatto cadere il governo Draghi che molto bene aveva operato, pur in condizioni difficili. Questa non gliela perdono e, quindi, lo faccio precipitare dalla torre. Quanto ad Antonio Conte, si tratta di un uomo dal carattere difficile, troppo spigoloso e che spesso sembra che faccia di tutto per rendersi antipatico. Come allenatore, però, Antonio è uno dei migliori in circolazione e lo dimostrano i successi ottenuti dalle squadre che ha diretto, in Italia e all’estero. Dopo Massimiliano Allegri, vedrei bene un suo ritorno alla Juve.

Nella cerchia dei suoi amici e/o conoscenti come è stato accolto il suo lavoro?

Ai miei amici il mio libro è piaciuto molto. Qualcuno, addirittura, è rimasto entusiasta, l’ha letto più di una volta e lo tiene sul comodino a fianco del letto per dargli un’occhiata ogni tanto prima di addormentarsi. Per converso, una mia vecchia amica di scuola un giorno mi ha preso da parte e, visibilmente arrabbiata, mi ha detto che sono una testa di c… e che non mi posso permettere di scrivere simili boiate.  Per fortuna che era una vecchia amica!

Provi a fare un esercizio di autocritica. Lei ha criticato tanti pubblici personaggi: c’è qualcuno verso il quale pensa di essere stato troppo “buono” e, per converso, qualcun altro verso il quale ritiene di essere stato troppo “cattivo”?

Fantastico Paese, l’Italia! Durante i quattro anni di incazzature, quelli descritti nel mio libro, io ho criticato a più riprese la destra televisiva – segnatamente, Rete 4 –  poiché, un giorno sì e l’altro pure, spesso anche senza ragione, inveiva sguaiatamente contro il governo in carica: prima il Conte 2, poi il governo Draghi. Adesso, che sono cambiati i padrone del vapore, a scagliarsi contro il nuovo esecutivo è La 7, che si sta rivelando ancora più faziosa e becera di quanto fosse Rete 4. Escluso il programma di Andrea Purgatori, l’emittente di Urbano Cairo è diventata inguardabile. In particolare, sono insopportabili Marco Travaglio con la compagnia di giro de Il Fatto Quotidiano e quella specie di comico di Diego Bianchi con i suoi ospiti: una congrega di radical chic accomunati dall’odio verso l’attuale esecutivo. Con mio sommo gaudio in Internet ho scoperto che questa rete è in piena crisi di ascolti. Se la notizia fosse confermata, e sottolineo se, sarebbe ciò che questa emittente si merita per essersi troppo appiattita   sulle tesi estremistiche e a volte surreali dei penta stellati e, soprattutto, perché i suoi talk, in pratica, si svolgono con un contradditorio troppo blando. Forse, questo potrebbe essere un esempio della tanto declamata “democrazia diretta”. Con riferimento alla seconda parte della domanda, rispondo affermativamente: verso qualcuno sono stato troppo “critico”. Faccio un nome: Giuseppe Brindisi. Dopo l’intervista concessa al Ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, il noto conduttore è stato trattato anche peggio di quanto avessi fatto io, dimenticando che, per questioni di real politik, non poteva oltrepassare certi limiti.  Ebbene, Brindisi mi sembra molto “migliorato” e sento, quindi, il dovere di rivalutarlo. Rispetto a tanto squallore, il suo programma, Zona Bianca, rappresenta quasi un’oasi di moderazione, cosa molto da questi tempi.

Sta lavorando a qualche nuovo progetto?

Ho scritto altri racconti sulla falsariga di quelli pubblicati ne Il Polemista. Aggiungendone una decina potrei dare alle stampe un nuovo libro, ma non lo farò: bello o brutto, sembrerebbe quasi una minestra riscaldata. Al momento, sto lavorando su un nuovo progetto: una sorta di originale memoir sul ’68. Una stagione che, nel bene e nel male, ha rappresentato un importante crocevia nella storia del secolo scorso.

Grazie ad Angelo Gualtieri per essere stato in nostra compagnia oggi. Vi ricordo che Il polemista è disponibile sul catalogo della casa editrice e su tutti i maggiori store online.

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